L’interposizione fittizia in ambito tributario si verifica quando il titolare effettivo di un reddito, detto interponente, attribuisce formalmente la titolarità di quel reddito a un altro soggetto, detto interposto, allo scopo di simulare una realtà economica diversa da quella reale. Questa operazione è finalizzata a ottenere vantaggi fiscali indebiti, come una minore tassazione o l’aggiramento di limiti normativi.
Il soggetto interposto, o prestanome, figura formalmente come destinatario dei redditi, ma non li percepisce realmente, né prende decisioni gestionali. Il significato di fittizio in questo contesto è quindi legato a qualcosa di simulato, non autentico, utilizzato per ingannare l’Amministrazione Finanziaria. Non si tratta di una semplice rappresentanza legale o delega operativa, ma di una distorsione volontaria della realtà economica.
Questo tipo di condotta è regolato dall’art. 37 del DPR 600/1973, che consente all’Agenzia delle Entrate di reimputare i redditi al vero titolare. La normativa è pensata per contrastare fenomeni di evasione ed elusione fiscale, in cui la persona interposta serve a celare l’identità dell’interponente.
Nei prossimi paragrafi analizzerò alcuni esempi concreti di elusione fiscale realizzata tramite interposizione fittizia, distinguendo tra interposizione di persone fisiche e interposizione societaria, oltre a chiarire le differenze tra interposizione fittizia e reale.
Tre esempi pratici di interposizione fittizia di persona
L’interposizione fittizia di persona si concretizza quando una persona fisica appare formalmente come soggetto fiscale, ma in realtà non è il vero titolare del reddito. Di seguito alcuni esempi rilevanti di questa pratica:
- Socio apparente di società: un soggetto figura come socio unico di una s.r.l., mentre il vero socio utilizza il suo nome per non comparire e sfuggire a responsabilità fiscali.
- Amministratore prestanome: un individuo risulta formalmente amministratore di una società, ma agisce su indicazioni di un terzo soggetto, il vero gestore, che evita controlli fiscali diretti.
- Acquisto agevolato fittizio: una persona acquista un immobile usufruendo delle agevolazioni per la prima casa, ma lo fa per conto di un altro soggetto che non può beneficiare di quelle agevolazioni per averle già usate in precedenza.
In tutti questi casi, è indispensabile un accordo tra interponente e interposto, con lo scopo preciso di eludere l’obbligo fiscale. Le autorità fiscali considerano tali comportamenti simulazioni relative, cioè atti giuridici che nascondono una realtà economica diversa da quella dichiarata.
Nel prossimo paragrafo vedrai come l’Agenzia delle Entrate può identificare e sanzionare tali pratiche, grazie ai poteri attribuiti dall’ordinamento tributario.
Come avvengono i controlli fiscali sull’interposizione fittizia
L’Amministrazione Finanziaria dispone di diversi strumenti per rilevare l’interposizione fittizia e imputare i redditi al soggetto effettivo. In particolare, l’art. 37 del DPR 600/1973 autorizza l’Agenzia delle Entrate a modificare d’ufficio le dichiarazioni fiscali quando si accerta la presenza di intestazioni fittizie.
Questi controlli si basano su presunzioni gravi, precise e concordanti, ottenute attraverso:
- Accessi e ispezioni fiscali presso le sedi del contribuente;
- Analisi incrociata dei dati dichiarativi e patrimoniali;
- Verifiche bancarie e documentali;
- Riscontri di coerenza gestionale ed economica.
Una volta accertato che il soggetto interposto non esercita un controllo reale sul reddito o sui beni, l’Agenzia può reimputare i redditi all’interponente, correggendo la situazione fiscale.
È possibile per il contribuente richiedere un interpello preventivo, così da accertare in anticipo la corretta interpretazione delle norme rispetto alla propria situazione.
Nel caso in cui l’interposto abbia già versato le imposte, è previsto un meccanismo di rimborso, come spiegato nel prossimo approfondimento.
Rimborso delle imposte versate dall’interposto
Se l’Agenzia delle Entrate accerta l’interposizione fittizia e attribuisce il reddito al vero titolare, l’interposto che ha già versato imposte su quel reddito può ottenere un rimborso.
L’art. 37 del DPR 600/1973 prevede che, previa prova del pagamento, il soggetto che ha pagato le imposte senza essere il reale beneficiario del reddito, possa richiedere la restituzione delle somme versate. Il rimborso avviene dopo la definizione dell’accertamento e non può superare l’importo effettivamente versato.
Questo principio tutela i diritti del contribuente formale, che non deve subire un danno patrimoniale ingiustificato per un reddito mai effettivamente percepito. La presenza di una documentazione contabile adeguata è essenziale per l’ottenimento del rimborso.
Nel prossimo paragrafo vedrai la distinzione tra interposizione fittizia e interposizione reale, due concetti spesso confusi, ma giuridicamente distinti.
Differenza tra interposizione fittizia e reale
La differenza tra interposizione fittizia e interposizione reale riguarda la natura dei rapporti giuridici e l’effettività delle operazioni. Nella interposizione reale, il soggetto interposto agisce realmente come contraente, per poi trasferire in un secondo momento gli effetti del contratto all’interponente. Questo processo implica operazioni autentiche, anche se motivate da finalità elusive.
A differenza della interposizione fittizia, qui i contratti e i movimenti hanno una sostanza economica e vengono effettivamente eseguiti. Tuttavia, anche l’interposizione reale può essere considerata strumento di elusione fiscale, come chiarito da varie sentenze della Corte di Cassazione, tra cui la n. 21794/2014 e la n. 5408/2017.
Questi orientamenti giurisprudenziali affermano che l’uso improprio di strumenti giuridici, anche se legittimi, può condurre a condotte elusive. Nel prossimo paragrafo sarà trattato il tema dell’abuso del diritto, ulteriore strumento a disposizione del Fisco per contrastare l’elusione.
Quando si parla di elusione fiscale o abuso del diritto
Se l’Amministrazione Finanziaria non riesce a provare la simulazione tipica dell’interposizione fittizia, può contestare al contribuente l’abuso del diritto, come previsto dall’art. 10-bis della Legge 212/2000. Tale disposizione consente di disconoscere gli effetti fiscali di operazioni formalmente corrette, ma prive di sostanza economica, effettuate esclusivamente per ottenere vantaggi fiscali indebiti.
Non si configura abuso quando le operazioni sono giustificate da valide ragioni extrafiscali, come riorganizzazioni aziendali o investimenti strutturali. Il contribuente ha facoltà di presentare un interpello preventivo, per verificare se le proprie operazioni possano essere considerate legittime.
Nell’ultimo approfondimento, sarà illustrato un esempio concreto di interposizione fittizia di società, analizzato direttamente dall’Agenzia delle Entrate.
Interposizione fittizia di società e risoluzione dell’Agenzia delle Entrate
L’interposizione fittizia di società si verifica quando una persona fisica costituisce o utilizza una società per celare la propria reale titolarità di determinati redditi. Questo accade, ad esempio, quando il soggetto continua a gestire attività già possedute, formalmente intestandole a una nuova società da lui controllata.
La risoluzione n. 89/2020 dell’Agenzia delle Entrate ha evidenziato un caso in cui un contribuente, amministratore di due società, ne fondava una terza a cui formalmente affidava la gestione delle prime due. Tuttavia, era evidente che la nuova società non era autonoma, ma agiva come interposto del soggetto originario.
In questi casi, l’Agenzia delle Entrate può disconoscere la personalità giuridica della società interposta e reimputare i redditi al vero titolare, applicando le disposizioni previste dall’art. 37 del DPR 600/1973.
Questo meccanismo può essere utilizzato anche con società fiduciarie, trust o interposti esteri, rendendo l’interposizione fittizia un fenomeno estremamente articolato e meritevole di ulteriori approfondimenti.
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